Programma Ethno’s Festival Letterario 2024
Nel centenario della morte di Franz Kafka, Ethno’s Festival Letterario esplora il tema della metamorfosi. La scelta di celebrare Kafka, e il suo impatto incalcolabile sulla letteratura e la cultura, era quasi obbligata. Il punto meno scontato è capire cosa significa questo tema dal nostro punto di vista. Dal punto di vista del nostro piccolo festival, e della nostra comunità. Theodor Adorno ammoniva a non considerare lo scrittore praghese un “ufficio informazioni” sulla condizione dell’uomo. E infatti il punto non è trarne significati universali, ma chiederci cosa significa Kafka, e cosa significa La metamorfosi per noi . Crediamo di avere avuto, in questo senso, la possibilità di creare un percorso di lettura autentico e utile.
Diversi gli appuntamenti nei mesi di Novembre 2024.
Prima di tutto, Ethno’s è un festival che cresce. Ne sono prova i nomi nel cartellone principale. Ma è anche un festival che ascolta. La “direzione artistica” è sempre più condivisa: fra gli operatori del territorio, lo staff, i soci dell’Associazione Elighe che ormai si fa interamente carico dell’organizzazione. L’obiettivo è quello di creare una miscela equilibrata fra lo sviluppo del tema, lo scambio di esperienze, e il rilievo delle proposte, che devono anche l’orgoglio di creare qualcosa di importante in un territorio marginale. Questo piccolo centro dell’Anglona, con poco più di 400 abitanti, vuole così diventare anche un modello di rilancio culturale per altri piccoli centri della Sardegna, collaborando in modo aperto e sperimentale con scuole, biblioteche, e comunità locali.
Gli spettacoli, reading, performance, vedranno alternarsi sul palco dello spazio eventi principale Ginevra di Marco, Davide Toffolo nel suo connubio con Arrogalla, Denise Gueye con Marco Carta, Valerio Aprea, Claudio Morici e autori del panorama regionale e nazionale. Per un cartellone di tutto rispetto.
Ognuna di queste performance ha a che fare con il tema in un diverso modo. C’è sempre qualcosa che cambia, una instabilità, una esplorazione di possibilità differenti. Può sembrare incredibile ma la metamorfosi finirà per avere, sempre, un valore positivo.
Quest’anno, il festival si propone di analizzare e interpretare la metamorfosi non solo come tema letterario, ma come simbolo di cambiamento personale e sociale.
Alla fine di queste riflessioni, intrecciati questi percorsi, cosa significa, dunque, per noi, questa metamorfosi? Sarebbe sbagliato cercarne un senso univoco. Non è un caso che Kafka avesse chiesto al suo editore di non tentare di rappresentare in alcun modo nelle illustrazioni la forma dell’insetto.
Eppure a voler scegliere una sola, nostra lettura, diremmo: si tratta di diventare, o di scegliere di essere, piccoli, piccolissimi, deboli. Rifiutare il potere, non potere mai più essere cattivi.
In fondo è una riflessione quella legata al tema della marginalità, che abbiamo già affrontato nelle edizioni precedenti di Ethno’s. Cosa possiamo fare del nostro essere piccoli? Quali valori ci consente di praticare?
In Kafka tutto ciò che è piccolo o debole è importantissimo. Piccoli animali, non certo nobili, bambini, uomini magri, figure esili. Tutto ciò evita il potere, ma rivendica la giustizia e la legge, in cui spera come in una salvezza.
Chi si percepisce come piccolo non vuole amministrare la giustizia e la legge, non solo perché non si sente in grado di farlo, ma perché intuisce che nel loro esercizio esse finiscono per diventare sempre arbitrio e potere sovrano. Le rivendica, però, proprio come fanno i bambini. Si appella ad esse, ci si aggrappa. I bambini hanno grandi pretese verso il mondo degli adulti: pretendono chiarezza, coerenza, verità. Ma un bambino che resti bambino è impossibile, e scoprire che le nostre immortali esigenze di senso sono infantili, è terribile. Trasformarsi in un essere innocuo è una via alternativa. Il sacro e suoi rituali hanno mascherato per millenni questa condizione dell’uomo, prigioniero di esigenze razionali ultramondane, e allo stesso tempo egoista e distruttore. La scomparsa del sacro ha scoperchiato il pozzo di questa verità terribile o, per dirla in un altro modo, ha socchiuso la porta della legge. Inutile farsi troppe illusioni sulla nostra capacità di cavarcela da soli. Fuggiamo come insetti dalla luce che si aperta sotto una grande pietra che è stata sollevata.
Giorgio Manganelli in una intervista degli anni ‘70 centrava in modo singolare il campo di forze che ci cattura nella scrittura kafkiana: la sua forza starebbe proprio nella duplicità del materiale su cui lavora. In Kafka agisce la presenza di due mondi: da un lato quello che chiama uno “stemma” – o un labirinto – un disegno severo, duro, arcaico e astratto, ma cui si vieta di diventare fisico, carnale e quotidiano, perché il mondo su cui si proietta è invece infimo, losco, sordido.
L’intensità di Kafka nasce dunque da questa “sproporzione eroica e tragica fra l’esattezza labirintica del disegno originario e la povertà industriosamente patologica del mondo in cui questa immagine si esercita”.
Solo il nostro essere piccoli può farci sfuggire al sordido, e renderci incorruttibili.